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481. Chiasmi International: Volume > 14
Philippe Descola L’Ontologia degli altri: Intervista di Davide Scarso su Maurice Merleau-Ponty
482. Chiasmi International: Volume > 14
Josep Maria Bech Penser le visuel, visualiser la pensée. Modèle perceptif et politique de la vision
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Thinking the Visual, Visualizing the Thought.A perceptual and Political Model of VisionMerleau-Ponty’s program of perceptivizing thought has depoliticizing effects that, though he does not recognize them, undermine his understanding of politics. These anti-political consequences, moreover, bring out the internal difficulties of his anti-intellectualist starting point. There are three areas in which Merleau-Ponty gave a thorough application, though with unequal success, of his perception-based model: the presentation of his own thought, in which his program of picturalization had a striking success; the explanation of the historical process, in which his visualization model was only partly effective; and access to other people’s thought, in which his perceptivist views encountered an undeniable failure. Merleau-Ponty’s successive approaches to other people’s thought show, by two distinct paths, and beyond his own intentions, an unforeseen political defect. His perceptive model proves incompatible with his political ideas when it is applied in depth, and it thus breaks apart the cohesion of his thought. From a larger perspective, it disrupts reflective approaches to politics since it damages their conceptual bases. This article shows successively that Merleau-Ponty laid out a perceptive model of universal scope; that he applied it to several areas, including politics; that this model proves politically deficient when it serves to remove the autochthonous sources of sense; that these depoliticizing effects become more acute when Merleau-Ponty employs the perceptive model to elucidate other people’s thought; and that its frustration in this area not only devalues his political reflections, but also signals that the perceptive model simply prevents a “thinking of the political.”Pensare il visuale, visualizzare il pensiero.Un modello percettivo e politico della visioneIl programma di percettivizzazione del pensiero intrapreso da Merleau-Ponty comporta effetti spoliticizzanti che sconfessano nascostamente la sua comprensione della politica. Tali conseguenze antipolitiche mettono altresì in rilievo le difficoltà intrinseche alla sua posizione anti-intellettualista. Vi sono tre ambiti nei quali Merleau-Ponty, con diverso successo, ha applicato il suo modello percettivo : la presentazione del suo stesso pensiero, nella quale questo programma di pittoricizzazione incontra un successo trionfale; la chiarificazione del processo storico, dove tale modello “visualeˮ non è efficace che in parte; infine l’accesso al pensiero di altri autori, terreno sul quale questa prospettiva percettivista subisce uno scacco innegabile. Molti tentativi merleaupontiani di approcciare il pensiero di altri autori attestano in vario modo un imprevisto deficit politico. Il modello percettivo di Merleau-Ponty si rivela in altri termini incompatibile con le sue idee politiche, nel momento in cui viene applicato in profondità, e in ultima analisi mette a dura prova la coerenza del suo pensiero. In una prospettiva più ampia, esso ostacola un approccio riflessivo alla politica poiché ne degrada le stesse basi concettuali. Il nostro articolo mostra quindi che Merleau-Ponty ha articolato un modello percettivo di portata universale; che l’ha applicato a svariati ambiti d’indagine, tra cui la politica; che quel modello si rivela deficitario quando viene utilizzato per attingere a specifiche fonti di senso; che tali effetti spoliticizzanti si acuiscono nel momento in cui Merleau-Ponty adotta il modello percettivo per illuminare il pensiero di altri autori; che, per concludere, la sua incongruenza con questo peculiare ambito di riflessione non solo impoverisce le sue riflessioni politiche, ma attesta che in linea generale il modello percettivo sbarra la strada a un qualsiasi «pensiero del politico».
483. Chiasmi International: Volume > 14
Marcus Sacrini Ferraz L’Anthropologie comme contre-science. Une approche merleau-pontienne
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Anthropology as Counter-Science. A Merleau-Pontyan approachThe author tries to show that the conception of the anthropology as counter-science, presented by Foucault (inspired by Lévi-Strauss), is limited to dissolve some naïve representations of subjectivity, and that the critical potential of this notion could be extended to the current theoretical conceptions (section 1). The author holds that the limited notion of contra-science can be found in the very Lévi-Strauss’ works, and this is made clear by comparison with Edmund Husserl’s works (sections 2-3). After that, the author tries to develop a larger notion of counter-science, based on Merleau-Ponty’s criticisms to Lévi-Strauss (section 4). The author uses the subject of acupuncture’s efficacy as an example of this larger notion of counter-science.L’antropologia come contro-scienza. Un approccio merleau-pontyanoIntendiamo mostrare come la concezione dell’antropologia in quanto contro-scienza presentata da Foucault (ispirata dalle opere di Lévi-Strauss) si limiti a smontare alcune rappresentazioni ingenue della soggettività, e che il potenziale critico di questa nozione potrebbe invece essere esteso alle concezioni teoriche in vigore (sezione 1). Sosteniamo che questa nozione limitata di contro-scienza può essere trovata nell’opera di Lévi-Strauss stesso, cosa che emerge con chiarezza nel confronto con alcuni testi di Edmund Husserl (sezioni 2-3). Cerchiamo quindi di sviluppare una più ampia nozione di controscienza antropologica, che si basa sulle posizioni critiche di Merleau-Ponty riguardo a Lévi-Strauss (sezione 4). Il tema dell’efficacitá dell’agopuntura è utilizato come esempio di questa nozione ampliata di contro-scienza.
484. Chiasmi International: Volume > 14
Tim Ingold The Atmosphere
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L’atmosphère« Atmosphère » est un terme employé communément par des auteurs dans le domaine de l’esthétique que dans celui de la météorologie. Ils le comprennent pourtant de manière assez différente, chacun prétendant que leur emploi est la plus fondamentale et que l’autre est seulement métaphorique. Pour les esthéticiens, l’atmosphère réelle est une aura qui émane des choses et qui affecte nos humeurs et nos motivations; pour les météorologistes, il s’agit de l’enveloppe gazeuse qui entoure la planète. Je montre que les deux sens excluent l’air ou le réduisent à un éther immatériel. D’une part, pour la science météorologique, tout se passe comme l’air était enfermé à l’intérieur et considéré comme un ensemble d’effets mesurables et calculables. D’autre part,l’esthétique de l’affect a relié l’atmosphère aux formes solides des artéfacts et des paysages. En ramenant le medium aérien, je cherche une signification de l’atmosphère qui transcende l’opposition entre l’affectif et le météorologique. Je le fais en suivant Merleau-Ponty, qui traite l’atmosphère comme un espace d’inspiration et d’expiration. En tant que tel, il correspond étroitement à ce que Merleau-Ponty lui-même appelle la « chair ». Ce concept pourrait aussi être traduit par « meshwork » (réseau/filet/grillage), référant à ces faisceaux de lignes et de chemins par lesquels chaque être humain est cousu à la fabrique du monde. Pour Merleau-Ponty, la portée de la notion de chair réside dans l’affirmation que la perception est fondamentalement réversible. On ne peut être sentant que dans un monde sentant; c’est pourquoi, comme il le soutient, notre perception des choses dans l’environnement répond à la perception par l’environnementde notre soi. Cependant, je soutiens au contraire que ces deux mouvements d’inspiration et d’expiration ne sont pas le contraire exact l’un de l’autre. Comme le mouvement de la brasse en nataion, le premier est un mouvement de rassemblement et le second de propulsion. Nous inhalons l’atmosphère, mais nous exhalons selon les lignes du réseau. Bref, réseau et atmosphère sont deux côtés de la chair, et c’est dans leur alternance rythmique que nous trouvons la relation entre les lignes et le temps météorologique, qui est, comme je le soutiens, fondamental à la vie.L’atmosfera‘Atmosfera’ è una parola usata comunemente tanto da chi scrive di estetica come dai metereologi. Ciononostante, essi intendono con ciò delle cose piuttosto differenti, ognuno ritenendo che il proprio e il senso più fondamentale mentre l’altrui è meramente metaforico. Per chi si occupa di estetica, l’atmosfera reale è un’aura che emana dalle cose e affetta il nostro umore e le nostre motivazioni; per i metereologi è l’involucro gassoso che circonda il pianeta. Mostro come entrambi i sensi trascurano l’aria, o la riducono a un etere immateriale. Da una parte, per la scienza metereologica, è come se l’aria fosse stata portata al chiuso e presentata come una serie di effetti misurabili e calcolati. Dall’altra, l’estetica dell’affetto ha legato l’atmosfera alle forme solide degli artefatti e dei paesaggi.Nel reintrodurre l’ambiente aereo, intendo trovare un significato di atmosfera che trascenda l’opposizione tra i sensi affettivo e meteorologico. Faccio questo, seguendo Merleau-Ponty, trattando l’atmosfera come uno spazio di inalazione e esalazione. Come tale, corrisponde da vicino a ciò che Merleau-Ponty stesso chiama “la carne”. Ma questo concetto potrebbe anche essere tradotto come ‘reticolo’ (meshwork), riferendosi a quei grovigli di linee e percorsi lungo i quali ogni essere vivente è cucito al tessuto del mondo. Per Merleau-Ponty, il significato della carne risiede nella sua affermazione secondo la quale la percezione è fondamentalmente reversibile. Si può essere senzienti soltanto in un mondo senziente; quindi, ritiene il filosofo, la nostra percezione delle cose nell’ambienteè ricambiata dalla percezione che quest’ultimo ha di noi. Io mostro, al contrario, che questi due movimenti, corrispondenti all’inalazione e all’esalazione, non sono l’esatto rovescio l’uno dell’altro. Come nella bracciata a stile libero nel nuoto, il primo è un movimento di raccolta, il secondo un movimento di propulsione. Ovverossia, inaliamo l’atmosfera, ma esaliamo secondo le linee del reticolo. In breve, il reticolo e l’atmosfera sono due facce della carne, e troviamo nella loro alternanza ritmica la relazione tra le linee e il tempo che, come sostengo, è fondamentale alla vita.
485. Chiasmi International: Volume > 14
Luca Vanzago Naturalizing Phenomenology, and the Nature of Phenomena: On Varela, Petitot, and Merleau-Ponty
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La naturalisation de la phénoménologie et la nature des phénomènesLe projet de naturalisation de la phénoménologie est né comme une tentative d’intégrer réciproquement les neurosciences et la philosophie phénoménologique. Les principaux représentants de ce projet, Jean Petitot et Francisco Varela, ont étés inspirés par Merleau-Ponty en tant que référence philosophique permettant de développer de façon féconde ce point de vue. Cependant, les deux auteurs ne semblent pas assumer jusqu’au bout les enjeux réels posés par la réflexion philosophique de Merleau-Ponty qui, si d’un côté permet certainement de concevoir la pensée et l’expérience en termesd’incorporation, d’autre part, développe une ontologie phénoménologique qui échappe à l’approche réductionniste commun à Varela et Petitot. Dans les deux cas, en effet, le présupposé ontologique est encore dérivé d’une compréhension de la nature comme domaine de la matière comprise en termes déterministes, modèle que l’ontologie phénoménologique de Merleau-Ponty permet au contraire de subvertir. Par conséquent, les fructueuses indications théoriques contenues dans le projet de naturalisation de la phénoménologie doivent néanmoins faire face à une compréhension adéquate de la signification de l’idée de naturalisation, qui soit effectivement phénoménologique en n’acceptant pas de façon acritique aucune option théorique quoique significative.La naturalizzazione della fenomenologia e la natura dei fenomeniIl progetto di naturalizzazione della fenomenologia nasce come tentativo di integrare reciprocamente le neuroscienze e la filosofia fenomenologica. Gli esponenti principali di questo progetto, Jean Petitot e Francisco Varela, si sono ispirati a Merleau-Ponty come a colui che ha consentito di sviluppare nel modo più fecondo tale prospettiva. Tuttavia entrambi gli autori sembrano non fare fino in fondo i conti con la riflessione di Merleau-Ponty, che se da una parte consente effettivamente di concepire il pensiero e l’esperienza in termini di incorporazione, d’altro canto sviluppa una ontologia fenomenologica che sfugge all’approccio riduzionistico comune a Varela e Petitot. In entrambi i casi infatti il presupposto ontologico è pur sempre ricavato da una comprensione della natura come dominio della materia intesa in senso deterministico, che l’ontologia fenomenologica della natura di Merleau-Ponty sovverte. Pertanto le pur feconde indicazioni teoriche contenute nel progetto di naturalizzazione della fenomenologia devono ancora fare i conti con una adeguata comprensione del significato dell’idea di naturalizzazione, che sia autenticamente fenomenologico nel non assumere in modo inavvertito alcuna opzione teorica per quanto significativa.
486. Chiasmi International: Volume > 14
Philippe Descola The Ontology of Others: An interview conducted by Davide Scarso about Maurice Merleau-Ponty
487. Chiasmi International: Volume > 14
Federico Leoni, Davide Scarso Introduction
488. Chiasmi International: Volume > 14
Federico Leoni Introduction
489. Chiasmi International: Volume > 14
Federico Leoni, Davide Scarso Introduzione
490. Chiasmi International: Volume > 14
Federico Leoni Présentation
491. Chiasmi International: Volume > 14
Etienne Bimbenet Qu’est-ce que ça fait de voir comme un être Humain?
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What is it Like to See as a Human Being ?We will ask here “what is it like to see as a human being?” Such a question is difficult, for taking a step back from perception and considering that it might not be what it is, this question goes against what is commonly called the “natural attitude”. Merleau-Ponty orchestrates this relativization of human seeing and itsspontaneous realism in two different ways. First, there is what might be called the “way of finitude.” This consists in taking the point of view from nowhere on perception, the point of view of a mind without worldly attachments. We would then say, as Merleau-Ponty never stopped saying, that perceiving is not seeing from nowhere, and that we always perceive from somewhere, in a finite body, and not from the point of view of god. Our animal origin, however, offers a second, quite different way of frustrating the dogmatism of the perceptual faith. This is the way that Merleau-Ponty adopts in The Structure of Behavior, where he is, in a very natural manner, brought to interrogate that which distinguishes animal perception from human perception. His answer here is valuable: to see as a human is to be capable of “perspectival multiplicity.” To catch sight of such a concept, to see human seeing as plural and excessive, is only possible for someone who has abandoned the point of view of nowhere and who has decided to philosophize starting from the animal.Che effetto fa vedere come un essere umano?Noi ci chiederemo qui che cosa significa «vedere come un essere umano». La questione è difficile, poiché, nell’assumere un distacco rispetto alla percezione e nel supporre che questa possa non essere ciò che è, va contro ciò che comunemente si definisce «atteggiamento naturale». Merleau-Ponty orchestrerà in due modi diversi questa relativizzazione del vedere umano, e del suo realismo spontaneo. Vi è prima di tutto ciò che si potrebbe chiamare la « via della finitezza ». Questa consiste nel prendere nei confronti della percezione il punto di vista assoluto, il punto di vista di uno spirito privo di legami mondani; diremo allora, come Merleau-Ponty non cessa di ripetere, che percepire non è vedere da nessun luogo, che percepiamo sempre da qualche luogo, in un corpo finito, e non dal punto di vista di dio. La nostra origine animale si offre tuttavia come una seconda modalità, ben diversa, di svelare il dogmatismo della fede percettiva. È la via che Merleau-Ponty fa propria ne La Struttura del comportamento, in cui egli è naturalmente portato ad interrogarsi su ciò che distingue le percezioni animali ed umane. Da qui questa risposta, per noi preziosa: vedere come un essere umano significa essere capaci di una « molteplicità prospettica ». Intravedere un tale concetto, vedere il vedere umano come plurale ed eccessivo, è ciò di cui è capace solamente chi ha abbandonato un punto di vista assoluto ed ha deciso difilosofare a partire dall’animale.
492. Chiasmi International: Volume > 14
Federico Leoni, Davide Scarso Introduction
493. Chiasmi International: Volume > 14
Guillaume Carron Introduction
494. Chiasmi International: Volume > 14
Federico Leoni Le Cogito et le lézard mexicain. La philosophie et le reste des sciences chez le dernier Merleau-Ponty
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The Cogito and the Mexican Salamander.Philosophy and the Rest of Sciences in the late Merleau-Ponty The article examines Merleau-Ponty’s almost parallel reading – in his last courses at the Collège de France – of the Cartesian cogito and the development of the Axolotl, the salamander studied by American biologist Coghill. My hypothesis is that the metaphysics of the cogito and the biology of the Axolotl represented for Merleau-Ponty two ways of access to the same discovery. Descartes came up against a phenomenon, the cogito, which required the reshaping of metaphysics as a sort of (impossible) psychology of the event or the absolute. Within the field of anatomy, Coghill came up against a phenomenon, the embryogenesis of the Axolotl, which similarly required a sort of conversion of anatomy into embryology. Therefore, bios and psyché, “embryonality” and the cogito, would be nothing but the denomination of the objects that psychology and biology meet along their borders, names for what we could refer to as “event,” “continuum,” “becoming” or, according to an old but still suitable definition, “absolute.” This has countless consequences on the relationship between the so-called human sciences and the so-called natural sciences, their eternally missed dialogue, their false complementarity and the illusion that the famous “two cultures” do actually exist.Il Cogito e la lucertola messicana.La filosofia e il resto delle scienze nell’ultimo Merleau-Ponty L’articolo prende in esame la lettura quasi parallela che Merleau-Ponty svolge, negli ultimi corsi di lezione al Collège de France, del cogito cartesiano e dello sviluppo dell’Axolotl, la lucertola studiata dal biologo americano Coghill. La nostra ipotesi è che la metafisica del cogito, e la biologia dell’Axolotl, rappresentino agli occhi di Merleau-Ponty due modi d’accesso a una stessa scoperta. Dall’interno della metafisica, Descartes si imbatte in un fenomeno, il cogito appunto, che esige che la metafisica si istituisca come una sorta di (impossibile) psicologia dell’eventoo dell’assoluto. Tutta la metafisica sarebbe psicologia, cioè indicazione del luogo assoluto nel quale è inscritto ogni luogo. Dall’interno dell’anatomia, Coghill siimbatte in un fenomeno, lo sviluppo dell’embrione dell’Axolotl, che esige analogamente che tutta l’anatomia si risolva in embriologia. Il vivente sarebbe allora in generale questa condizione di gemmazione e autoorganizzazione, e l’embriologia sarebbe la scienza (impossibile) di questo divenire perfettamenteanoggettuale. Bios e psyché, “embrionalità” e cogito non sarebbero che i nomi di ciò che la psicologia e la biologia incontrano al loro confine, nomi di ciò che infilosofia si chiama evento, continuum, divenire, o, con un vecchio e adattissimo termine, assoluto. Il che comporta innumerevoli conseguenze circa il rapporto trale cosiddette scienze umane e le cosiddette scienze naturali, sul loro dialogo eternamente mancato, sulla loro falsa complementarietà, sull’illusione che si diano davvero le celebri “due culture”.
495. Chiasmi International: Volume > 14
Marcos José Müller-Granzotto Esquisse et pulsion. Le regard selon Merleau-Ponty
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Sketch and Drive. The Gaze in Merleau-PontyIn Seminar XI (The Four Fundamental Concepts of Psychoanalysis), Jacques Lacan interrupts the first session, which was to be devoted to the Freudian notion of the drive, in order to consider not this fundamental concept of psychoanalysis, but the way in which Maurice Merleau-Ponty, in his posthumous book, The Visible and the Invisible, approaches the idea of the subject and how he points to the divergence between the eye and the gaze. Lacan sees in Merleau-Ponty’s thesis concerning the gaze, a certain analogy with what Freud called the death drive. But, concerning voyance, Lacan wonders if Merleau-Ponty does not fall back into a Platonic imaginary of an ultra-gaze from which each body would issue. But or task now is to show that Merleau-Ponty remained faithful to the fact that the gaze cannot really be explained and that his philosophy of the flesh has not reduced the diverse dimension of experience to a central power of constitution. In order to apprehend better the notion of the flesh, we shall bring into play Merleau-Ponty’s theory of the Gestalt, which will allow us to show how, for Merleau-Ponty, the drive is always an irreducible alterity that stops the indivision of the whole from being able to be experienced as a synthesis.Adombramento e pulsione. Lo sguardo in Merleau-PontyNel seminario XI (I quattro concetti della psicoanalisi), Jacques Lacan sospende la prima seduta dedicata alla discussione della nozione freudiana di pulsione, per esaminare non il concetto fondamentale della psicoanalisi ma la maniera in cui Maurice Merleau-Ponty, nel suo libro postumo Il visibile e l’invisibile, affronta il tema e mostra lo scarto che esiste tra occhio e sguardo. Lacan scorge nella tesi di Merleau-Ponty concernente lo sguardo una certa analogia con ciò che Freud ha chiamato pulsione di morte. Ma, a proposito della voyance, Lacan si chiede se Merleau-Ponty non ricada in fondo nell’immaginario platonico di un ultra-sguardo dal quale dovrebbe provenire ogni corpo. Il nostro intento è quindi mostrare che Merleau-Ponty è rimasto fedele alla concezione dell’inesplicabilità dello sguardo estraneo e che allo stesso modo la sua filosofia della carne non ha ridotto le diverse dimensioni dell’esperienza ad un potere centrale di costituzione. Per meglio comprendere la nozione di carne faremo appello alla teoria merleau-pontiana della Gestalt, la quale ci permetterà di mostrare come, per il filosofo, la pulsione sia sempre un’alterità irreducibile tale da impedire che l’indivisione del tutto possa talvolta essere vissuta come sintesi.
496. Chiasmi International: Volume > 14
Guillaume Carron Présentation
497. Chiasmi International: Volume > 14
Shiloh Withney Affective Orientation, Difference, and “Overwhelming Proximity” in Merleau-Ponty’s Account of Pure Depth: A New Conception of Intentionality?
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Orientation affective, différence et « écrasante proximité » dans l’analyse merleau-pontyenne de la profondeur pureJe montre ici que la théorie de Merleau-Ponty sur l’expérience particulière d’une « profondeur pure » peut être comprise comme une orientation affective précédant l’orientation perceptive, et explique son rôle dans la proposition d’une « nouvelle conception de l’intentionnalité ». Le corps-monde comme relation de différenciation est repensé comme la différenciation intime et pré-objective de cette dimension affective. Je pense, contrairement à Toadvine (2009), que la position de Merleau-Ponty dans la Phénoménologie de la perception, peut être distinguée de la conception sartrienne de l’intentionnalité comme annihilation. La dimension provocatrice de ma lecture sur la profondeur pure vis-à-vis des discours érudits sur Merleau-Ponty est discutée en conclusion, et je pose en particulier la question de savoir s’il peut être utile de lire Merleau-Ponty comme un penseur de la différence.Orientamento affettivo, differenza e “schiacciante prossimità” nell’analisi merleau-pontyana della pura profonditàNel mio saggio, illustro la descrizione che Merleau-Ponty propone della particolare esperienza della “pura profondità” come un’orientazione affettiva che precede l’orientamento percettivo e ipotizzo il suo ruolo nel quadro del progetto merleau-pontiano di costruire una “nuova concezione dell’intenzionalità”. La relazione differenziante tra corpo e mondo è riformulata come quella differenziazione intima e pre-oggettiva che caratterizza tale dimensione affettiva; ciò supporta la mia ipotesi, in opposizione a Toadevine (2009), che la posizione sostenuta da Merleau-Ponty in Fenomenologia della Percezione può essere distinta dalla proposta sartriana d’intendere l’intenzionalità in termini di annichilamento. Concludo il saggio con una discussione delle possibili provocazioni che la mia lettura della teoria della pura profondità potrebbe sollevare nella comunità scientifica merlau-pontiana, soffermandomi in particolare sull’interrogativoriguardo alla possibilità di leggere produttivamente Merleau-Ponty come un pensatore della differenza.
498. Chiasmi International: Volume > 14
Guillaume Carron Introduzione
499. Chiasmi International: Volume > 14
Emmanuel de Saint Aubert « Voir, c’est imaginer. Et imaginer, c’est voir. » Perception et imaginaire chez Merleau-Ponty
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“To see is to imagine. And to imagine, is to see.”Perception and Imaginary in Merleau-PontyMerleau-Ponty accords such a phenomenological and ontological priority to perception that this privilege might lead him to minimize the importance of theimaginary in our relationship with the world. In fact, in the work published during his life, the theme of the imaginary does not occupy a large place, and its conceptual elaboration remains little visible. A reading of his posthumous publications and of his unpublished papers leads to a more subtle landscape, inwhich the philosopher destabilizes our common oppositions between real and imaginary, as well as those between the imaginary and truth. From themanuscripts from the end of the 1940s on, Merleau-Ponty expands his inquiry into perception in two complementary directions: the intuition of a form of coextensivity between perceptive life and imaginary life, but also between perception and expression. These intuitions, never disavowed, would continueto deepen up through the late unpublished ontological works. They find a guiding thread in the contestation of Sartre’s separation between the real andthe imaginary, and they open out onto the outline of a complex link between truth, imagination, and expression. Merleau-Ponty pretended to approve of thework of The Imaginary all that which is actually moving beyond it, in the direction most opposite to this essay’s own aims: “To see is to imagine. And toimagine is to see.” This split with Sartre finds one of its pivots in the phenomenological characterization of vision as a surpassing of the observable, a surpassing that would touch on an essential dimension of being and of truth.“Vedere è immaginare. E immaginare, è vedere”.Percezione e immaginario in Merleau-PontyMerleau-Ponty accorda alla percezione una tale priorità, fenomenologica e ontologica, che questo privilegio potrebbe condurre a minimizzare l’importanzadell’immaginario nel nostro rapporto al mondo. Di fatto, nell’opera pubblicata in vita, il tema dell’immaginario non occupa un grande spazio, e la suaelaborazione concettuale resta poco visibile. La lettura delle pubblicazioni postume e degli inediti conduce a un disegno più sottile, che vede il filosofo destabilizzare le nostre comuni opposizioni fra reale e immaginario così come quelle fra immaginario e verità. A partire dai manoscritti della fine degli anniQuaranta, Merleau-Ponty allarga la sua indagine sulla percezione in due direzioni complementari: verso l’intuizione di una forma di co-estensività fravita percettiva e vita immaginaria, ma altresì fra percezione e espressione. Mai smentite, queste intuizioni vanno approfondendosi fino ai tardi inediti“ontologici”. Esse trovano un filo conduttore nella messa in causa della separazione operata da Sartre fra reale e immaginario, e sfociano nell’abbozzodi un legame complesso fra verità, immaginario e espressione. Merleau-Ponty finge di “ratificare” il lavoro de L’Immaginario, in realtà sorpassandolo nelladirezione il più possibile opposta allo sforzo compiuto da questo stesso saggio: «edere è immaginare. E immaginare è vedere». Questo distanziarsi da Sartretrova uno dei suoi “cardini” nella caratterizzazione fenomenologica della visione come superamento dell’osservabile, un superamento che riguarderebbeuna dimensione essenziale dell’essere come della verità.
500. Chiasmi International: Volume > 14
Guillaume Carron Merleau-Ponty, Théâtre et Politique. Vertu et plasticité de l’Imaginaire
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Merleau-Ponty, Theatre and Politics.Virtue and Plasticity of the ImaginaryWe will attempt, starting from a course given at the Sorbonne and devoted to the work of the actor, to develop the meaning of the theatrical metaphor in the political philosophy of Merleau-Ponty. Even if the presence of the theater in his philosophy does not seem evident at first glance, it is possible to negotiate his political thought from the metaphor of the theater. This metaphor even allows us to clarify the meaning of a well known expression from the Preface of Signs: “virtue without resignation.” We will then construe the concept of the “plasticity of the imaginary” so as to show how a reflection on the theater opens up a certain understanding of Merleau-Ponty’s ethics.Merleau-Ponty, teatro e politica.Virtù e plasticità dell’ immaginarioA partire da un corso tenuto alla Sorbona e consacrato al mestiere dell’attore, proveremo a sviluppare il senso della metafora teatrale nella filosofi a politica diMerleau-Ponty. Anche se la presenza del teatro nella sua filosofi a non sembra a un primo approccio evidente, è possibile attraversare il suo pensiero politico proprio a partire dalla metafora del teatro. Quest’ultima permette di chiarire il significato di un’espressione ben nota della fine della Prefazione a Segni: quella di «virtù senza alcuna rassegnazione». Si elabora allora il concetto di «plasticità dell’immaginario» per mostrare come la riflessione sul teatro offra a una determinata comprensione dell’etica merleau-pontiana.